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Vannoccio Biringuccio

Toscani illustri

Chimico, mineralogista, metallurgista, artista, nasce a Siena nel 1480, da Paolo costruttore e funzionario di strade e ponti del governo senese, e Lucrezia di Bartolomeo, muore nel 1539.

Poiché non risulta abbia frequentato nessuna università, (poche o nulle le informazioni sulla sua formazione) probabilmente ha iniziato con “scuole” che preparavano alle attività mercantili, artistiche e commerciali, attraverso lo studio della matematica.

In seguito, in relazione all’arte che si voleva praticare, si iniziava il tirocinio in una bottega per impararne i “segreti”.

Elemento importante nella formazione degli artisti-ingegneri del tempo, era rappresentato da relazioni personali e professionali con qualche umanista o scienziato conoscitore di greco e latino.

Questo infatti consentiva a quanti avevano una formazione tecnica, di accedere ai testi antichi e medievali di altrimenti difficile comprensione.

(Si pensi al rapporto Filippo Brunelleschi / Paolo Toscanelli, e di Leonardo con Luca Pacioli e Giorgio Valla.)

Per Biringuccio è stato ipotizzato un legame con l’artista-ingegnere Francesco di Giorgio Martini, amico del padre, il cui trattato di architettura mostra analogie con il De la pirotechnia.

Ma Vannoccio ebbe rapporti anche con intellettuali come Benedetto Varchi e Claudio Tolomei.

A Siena inoltre, legandosi alla famiglia Petrucci che ebbe il comando della città, frequentò le persone più influenti e istruite dell’ambiente senese.

L’attività professionale

Iniziò il suo tirocinio presso la miniera di ferro a Boccheggiano in Maremma, sotto la protezione dei Petrucci.

Responsabile poi di una miniera d’argento in Carinzia fino al 1508, successivamente va in Germania, ispezionando miniere e officine metallurgiche e praticandovi varie attività.

Al ritorno nel 1513, prende una serie di incarichi a Siena, Parma, Ferrara e Venezia come armatore e metallurgista.

Ma le alterne fortune politico-militari che riguardarono i Petrucci nei primi decenni del cinquecento, lo coinvolsero a più riprese.

Nel 1515 fuggì da Siena insieme a Borghese Petrucci, accusato di aver contraffatto nella zecca la lega delle monete; non presentandosi a discolparsi, fu dichiarato ribelle e bandito.

Poté tornare nel 1523, ( e ottenne l’autorizzazione a produrre salnitro nei domini senesi,) ma già nel 1525 dovette nuovamente fuggire.

Con i fuorusciti della sua parte tentò invano di rientrare l’anno seguente, partecipando alla battaglia di Porta Camollia come comandante delle artiglierie degli assedianti. (Fu di nuovo dichiarato ribelle e bandito.)

La cosa fu invece possibile quattro anni più tardi, per una riconciliazione fra i “partiti”; Biringuccio si vide assegnare vari incarichi pubblici, tra cui quello di architetto e capomastro dell’opera del Duomo nel 1535.

In precedenza, nel 1529, era stato anche al servizio della Repubblica di Firenze assediata dagli imperiali, quale procuratore delle artiglierie.

Per essa fuse il “liofante”, gigantesca doppia colubrina che aveva una testa d’elefante che ornava la culatta;
posizionata nell’orto dei Pitti, poggiava su un cavaliere allestito da Michelangelo .

Nel 1538 Biringuccio è infine a Roma, chiamato da papa Paolo III quale maestro della fonderia della camera apostolica e direttore delle artiglierie dell’esercito pontificio; vi rimase poco tempo, poichè morì l'anno seguente.








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